CARCERE E DIPENDENZA “Il trattamento delle dipendenze: interventi, riabilitazione, comunità e nuove prospettive”
Il corso di formazione tenutosi a Salerno l’11 aprile 2025 ha offerto una visione innovativa sul trattamento delle dipendenze, evidenziando l’importanza di un approccio integrato volto non solo alla disassuefazione, ma anche al recupero psicosociale e al reinserimento. Relatori e professionisti hanno confrontato le sfide emergenti in un’epoca di nuove dipendenze, sottolineando il ruolo cruciale della collaborazione tra istituzioni e operatori per rispondere efficacemente a un fenomeno in continua evoluzione.
Il tema del “trattamento delle dipendenze: interventi, riabilitazione, comunità e nuove prospettive” è stato al centro del Corso di Formazione, promosso e organizzato dall’ASL Salerno - U.O.C. Tutela Salute Adulti e Minori Area Penale e tenutosi a Salerno in data 11 aprile 2025.
Coordinatore scientifico del corso è stato il dott. Antonio Maria Pagano, responsabile dell’U.O.C. Tutela Salute Adulti e Minori Area Penale, che ha animato la giornata di formazione, insieme alla dott.ssa Antonietta Grandinetti, responsabile del Dipartimento delle Dipendenze dell’ASL Salerno, e agli altri relatori intervenuti, tra i quali si segnalano il magistrato Monica Amirante, presidente del Tribunale di sorveglianza di Salerno, la dott.ssa Valentina De Filpo, psicologa dell’ASL Salerno e Biagio Sciortino, presidente Nazionale dell’Intercear (organismo che riunisce i Coordinamenti Regionali delle Comunità Terapeutiche Italiane).
Il corso ha rappresentato un’occasione importante per rimettere al centro del dibattito il tema – recentemente alquanto trascurato – delle dipendenze, nell’accezione che oggi va sempre più affermandosi, ossia quella comprensiva sia della dipendenza da sostanze (tossicodipendenza e alcoldipendenza), sia della dipendenza comportamentale (disturbo da gioco d’azzardo, disturbo del comportamento alimentare, internet addiction, etc.).
Va altresì sottolineata l’ampia partecipazione al corso, che ha messo insieme buona parte degli operatori pubblici e privati del sistema per le dipendenze della regione Campania e, tra questi, si è evidenziata una nutrita presenza degli operativi del Centro La Tenda.
Gli interventi si sono concentrati, da un lato, sulla presentazione del modello carcere e dipendenze, mettendone in evidenza gli aspetti normativi, organizzativi e trattamentali e, dall’altro, sulle nuove emergenze nell’ambito delle dipendenze, con particolare riferimento al tema delle cosiddette “doppie diagnosi”, ossia quelle situazioni caratterizzate dalla compresenza della dipendenza patologica e di patologie psichiatriche.
I diversi contributi hanno delineato in maniera chiara un contesto che va facendosi sempre più complesso in riferimento ai cambiamenti in atto nell’ambito delle dipendenze (nuove sostanze, nuovi stili di consumo, nuove dipendenze, nuovi trattamenti), complessità che aumenta ancora di più se il fenomeno dipendenza si incrocia con la permanenza negli Istituti di pena.
Di fronte a un simile quadro, le riflessioni che si sono succedute hanno messo in luce una parola chiave comune, che deve orientare gli sforzi e gli interventi di tutti nel tentativo di far fronte ad un fenomeno in costante evoluzione, che rischia di creare nuove e sempre più cospicue aree di disagio, povertà e marginalità in una società già provata dalla profonda crisi socio-economica degli ultimi anni.
La parola chiave è “integrazione”, da declinare in tutte le possibili direzioni: integrazione tra le diverse Istituzioni pubbliche coinvolte (sociali, sanitarie, magistratura, etc.); integrazione tra Enti e organizzazioni del settore pubblico e del settore privato; integrazione tra i servizi, gli approcci e i trattamenti; integrazione della presa in carico e delle equipe operative (multidisciplinari e multi-attore).
Oltre a questo orientamento comune e di carattere generale, gli interventi hanno condotto ad altre conclusioni interessanti, che di seguito sono sinteticamente riportate:
Il trattamento delle dipendenze, soprattutto quelle da sostanze, ha avuto per lungo tempo un contenuto essenzialmente sanitario, che tuttavia ha una forte rilevanza specialmente nella fase della disassuefazione; le esperienze di cura, al contrario, mettono in luce la necessità di incrementare gli interventi a carattere psicosociale e relazionale, che devono rimanere centrali per il pieno recupero ed il reinserimento sociale e lavorativo della persona.
Occorre meglio approfondire la definizione e i protocolli di cura per la doppia diagnosi, in quanto non sempre è chiara la relazione tra disturbo associato alla dipendenza e patologia psichiatrica e ciò spesso conduce a generare confusione, tanto nella presa in carico, quanto nell’approccio terapeutico. In particolare, la presenza del disturbo psichiatrico e della relativa terapia farmacologica tende spesso a prevalere sul trattamento della dipendenza, condizionando gli operatori e limitandone gli interventi a carattere psicosociale e relazionale, che, come già sostenuto in precedenza, sono invece fattori fondamentali del processo riabilitativo e devono essere in ogni caso garantiti.
Le comunità terapeutiche e tutto il sistema pubblico e privato per le dipendenze devono con maggiore determinazione avanzare nel loro processo di evoluzione, integrazione e cambiamento per riuscire a fornire risposte a chi oggi non può contare su servizi di cura e assistenza efficaci ed accessibili; è il caso, ad esempio, degli anziani, nei quali la dipendenza si combina con altre condizioni patologiche legate all’età; dei minori tossicodipendenti, per i quali i percorsi riabilitativi devono essere ben calibrati, tenendo conto della giovane – e spesso giovanissima – età; delle madri tossicodipendenti con figli minori e di tante altre situazioni di disagio legate alle “nuove” dipendenze comportamentali.