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LAPAROLA DELLA DOMENICA "IL PASTORE E IL MERCENARIO"

IL PASTORE E IL MERCENARIO

Guarda la  registrazione integrale  della celebrazione sul canale Youtube del Centro La Tenda

le letture del 25.4.21

Oggi ci arrivano  tante sollecitazioni dalle Letture.

San  Giovanni ci parla della  pecora e del pastore, ma anche stavolta lo fa per andare oltre.

Sembra proprio il richiamo a ciascuno di noi, e al nostro modo di fare comunità affinché ci riconosciamo anche noi come pecore, figli amati da Dio.

Dimensione che viene ricordata anche  da Pietro negli Atti degli Apostoli attraverso la sua personale  testimonianza.

 

In realtà, come suggerisce don Nicola,  bisogna capire qual è l’esperienza nostra che potrebbe somigliare a questa. Anche perché, in fondo la “parola”  del Vangelo riguarda direttamente la nostra vita. E trova sempre una corrispondenza con la nostra vita personale e comunitaria. 

Del resto  l’amore e la vita sembrano trovare una perfetta coincidenza nella realtà testimoniata da Gesù.

L’espressione di Gesù: “io sono” dice tantissimo.

Tira  in ballo il tema della identità. E soprattutto il tema della relazione, laddove non c’è identità vera, compiuta, se non si riconosce la relazione alla base di essa.

Il mercenario e il pastore rimandano, allora, anch’essi al tema del rapporto.

In effetti, laddove c’è un’apparente  contrapposizione di ruoli, tra il  il pastore e il mercenario,  bisogna leggere più che la contrapposizione, la prospettiva relazionale, integrativa, suggerita da don Nicola. 

Preso alla lettera il brano evangelico proposto oggi, infatti, sembra  mettere in cattiva luce  la figura del mercenario, alimentando una contrapposizione tra bene e male, giusto ed ingiusto che ci allontana dal vero messaggio evangelico.

In realtà tali attribuzioni  non corrispondono a ruoli definiti, attribuibili tout court all’uno o all’altro personaggio e, soprattutto, distanti lontani dalla nostra esperienza personale.

Piuttosto essi stanno a significare atteggiamenti che appartengono a ciascuno di noi.

Tutti, difatti,  come il mercenario, siamo portati ad utilizzare l’altro in funzione dei nostri obiettivi personali.

Cosicché il bano evangelico  non è una condanna del mercenario, come persona. Quanto piuttosto un’ulteriore dimostrazione della dimensione universale, incondizionata, gratuita  dell’amore di Dio per le sue creature.

Un Buon Pastore determinato a  dare la vita per ciascuna di esse, tra l’altro, non solo per quelle all’interno del recinto. (“Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore”).
Ma soprattutto, Don Nicola ci ricorda che,  quando parliamo di pecore, lupi e mercenari, siamo invitati a riconoscere   quanto l’amore  sia un dono fecondo e inesauribile, e che non verrà mai distrutto.

Cosicché la vita, così come l’amore  continua. Non può esaurirsi, non potrà mai  finire.

In effetti, le parole del brano evangelico di oggi ci esortano a non  attardarci  nel coltivare una relazione utilitaristica con l’altro ma non perché ciò sia riprovevole, o punibile in sè quanto invece perché la vita da mercenario, incapace di guardare oltre l’interesse personale, è una vita triste, infelice, sterile.

E il nostro amore, un amore ancora non adulto.

Possiamo allora accettare o rifiutare la proposta che proviene da Gesù ma la garanzia   di tutto questo è che  l’amore  non finisce neppure quando viene rifiutato.

Dio, il Buon Pastore,  dona amore e lo riprende …. Ma l’amore non muore.

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